La caratteristica essenziale dell’ ipocondria è la preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una grave malattia, basata sulla errata interpretazione di uno o più segni o sintomi fisici. In psicologia clinica, l’ipocondria è caratterizzata dall’ interpretazione erronea di segni e sintomi fisici come segnale di una grave patologia, senza che un’accurata valutazione medica abbia identificato motivi sufficienti per giustificare questi timori. Perché si possa parlare di ipocondria (o paura delle malattie), ovviamente, una valutazione medica completa deve avere escluso qualunque condizione medica generale che possa spiegare pienamente i suoi segni o sintomi fisici (per quanto possa talora essere presente una condizione medica generale concomitante). L’aspetto principale dell’ipocondria è che la paura o la convinzione ingiustificate di avere una malattia persistono nonostante le rassicurazioni mediche. Chi soffre di ipocondria non ha convinzioni così esagerate da sfociare nel vero e proprio delirio, riconosce spesso che i propri timori sono esagerati e che potrebbe non avere alcuna malattia.
I sintomi principali dell’Ipocondria, secondo la nuova edizione del Manuale Diagnostico e Statistico (DSM 5, 2013), possono essere riassunti nei seguenti punti:
- Eccessiva paura di contrarre o convinzione di avere una grave malattia;
- In genere i sintomi fisici lamentati non sono presenti o, se presenti, sono di lieve entità e non giustificano l’eccessiva preoccupazione; se effettivamente è presente il rischio di sviluppare una malattia, la preoccupazione risulta comunque chiaramente eccessiva o sproporzionata;
È presente un elevato livello di ansia riguardante la salute e una tendenza ad allarmarsi facilmente per il proprio stato di salute; - La persona mette in atto comportamenti eccessivi riguardanti la salute (per esempio, attua ripetuti controlli sul proprio corpo cercando segni di malattia, ecc.) oppure presenta comportamenti di evitamento che risultano disadattivi per la vita della persona (per esempio, evitare gli appuntamenti dal medico, ecc.);
- Per definire tale condizione come Ipocondria è necessario che la preoccupazione per la malattia sia presente da almeno 6 mesi (nell’arco di questo periodo però è possibile che la persona cambi la specifica patologia temuta);
Secondo diversi studi scientifici si rileva che, in genere, il disturbo inizia a manifestarsi in conseguenza a un evento critico che riguarda il tema della salute (morte di un parente, esposizione a informazioni relative a patologie mediche, insorgenza di sintomi somatici non previsti, rilevazione di segni prima ignorati, ecc.) in cui la persona ha sperimentato paura, iniziando a sviluppare pensieri o convinzioni erronei relativi al tema del benessere. Per esempio, la perdita di un proprio caro a causa di un tumore può sensibilizzare il soggetto a sviluppare pensieri e convinzioni catastrofiche sulla salute; in genere, una volta attivati tali pensieri e preoccupazioni, la persona tenderà a interpretare male segni fisici prima ignorati, ritenendoli indici di gravi patologie fisiche. Inoltre, è molto frequente che la persona presenti pensieri sotto forma di vivide immagini negative di parti del corpo o di organi che non funzionano o che funzionano in modo inadeguato. Per esempio, alcune persone immaginano il cuore scoppia, i polmoni che non si riempiono completamente d’aria, il cancro che distruggerà il loro corpo, ecc.
Per chi soffre di ipocondria, la paura delle malattie spesso diviene per il soggetto un elemento centrale della immagine di sé, un argomento abituale di conversazione, e un modo di rispondere agli stress della vita. Le relazioni sociali vengono sconvolte per il fatto che il soggetto che ha i sintomi di ipocondria è preoccupato della propria condizione e spesso si aspetta considerazione e trattamento speciali.
La vita familiare può diventare disturbata poiché viene focalizzata intorno al benessere fisico del soggetto. Possono non esserci effetti sul funzionamento lavorativo dell’individuo, a causa dei sintomi dell’ipocondria, se questo riesce a limitare l’espressione delle preoccupazioni ipocondriache al di fuori dell’ambiente lavorativo. Più spesso la preoccupazione interferisce con le prestazioni e causa assenze dal lavoro. Nei casi più gravi, il soggetto ipocondriaco può divenire un completo invalido per le proprie paure delle malattie.
Il disturbo risulta equamente distribuito tra maschi e femmine. Il disturbo di Ipocondria è diffuso tra la popolazione generale; i dati al riguardo sono controversi con una percentuale compresa tra 1,3% e il 10%. Tra le popolazioni cliniche il disturbo è presente in una percentuale compresa tra il 3% e 8%. La prevalenza del disturbo è uguale tra uomini e donne (DSM 5). La paura delle malattie può esordire a qualunque età, ma si pensa che l’età più comune di esordio sia la prima età adulta. Il decorso è solitamente cronico, con i sintomi che vanno e vengono, ma talora si verifica una completa remissione dell’ipocondria.
A causa della sua cronicità alcuni ritengono che il disturbo ipocondriaco sia soprattutto espressione di tratti di carattere (cioè preoccupazioni di lunga durata riguardanti i problemi fisici e la focalizzazione sui sintomi somatici).
Le cure: la psicoterapia
La forma di psicoterapia che la ricerca scientifica ha dimostrato essere più efficace per l’ ipocondria è quella cognitivo-comportamentale (Barsky & Ahern, 2004; Bouman & Visser, 1998; Taylor, Asmundson & Coons, 2005; Olde Hartman et al., 2009). Tale terapia coinvolge attivamente il paziente nella risoluzione del disturbo e si concentra sull’apprendimento di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali. La terapia si articola principalmente in due fasi, chiamate ‘comprensione’ ed ‘esposizione’. Nella prima, il paziente è appunto invitato a comprendere il legame esistente tra piano cognitivo (pensieri) e comportamentale. Una tecnica utile per questo scopo può essere il modello ABC, grazie al quale il terapeuta può identificare le credenze irrazionali (secondo Ellis) o le distorsioni cognitive (secondo Beck) del paziente, per poi esortarlo a svilupparne di più funzionali. L’intero trattamento può essere perciò interpretato come la costruzione di un modello alternativo e più adattivo di comprensione dei sintomi corporei spiacevoli che il paziente sperimenta.
Molto importante è anche la parte psicoeducativa della terapia, tesa a fornire informazioni e delucidazioni rispetto all’ ipocondria. In seguito, il paziente è invitato indagare quali meccanismi o situazioni attivano la sua ansia. Nella seconda parte della terapia, quella relativa all’esposizione, verranno così illustrate tutte quelle strategie comportamentali che aiutano il paziente a confrontarsi passo a passo con la situazione temuta, fino a far perdere a quest’ultima la sfumatura angosciante che spinge il soggetto ad evitarla.
Trattamento farmacologico dell’ipocondria
Gli psicofarmaci più spesso impiegati nella cura dell’ ipocondria sono gli antidepressivi triciclici e gli SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitor), in particolare la fluoxetina (Taylor, Asmundson & Coons, 2005).
Quest’ultima categoria di farmaci, poiché più sicura rispetto ai tricicli, è maggiormente prescritta. Le forme lievi del disturbo spesso sono trattate con benzodiazepine, anche se, limitandosi a trattare l’ansia a breve termine, di per sé non costituiscono una forma di cura dell’ ipocondria.
Bibliografia:
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Washington, DC: Author.
Bailey, R., & Wells, A. (2014). Metacognitive therapy in the treatment of hypochondriasis: a systematic case series. Cognitive Therapy and Research, 38(5), 541-550.
Barsky, A. J., & Ahern, D. K. (2004). Cognitive behavior therapy for hypochondriasis: a randomized controlled trial. Jama, 291(12), 1464-1470.
Bouman, T. K., & Visser, S. (1998). Cognitive and behavioural treatment of hypochondriasis. Psychotherapy and Psychosomatics, 67(4-5), 214-221.
Creed, F., & Barsky, A. (2004). A systematic review of the epidemiology of somatisation disorder and hypochondriasis. Journal of Psychosomatic Research, 56, 391–408.
Fink, P., Ornbel, E., Toft, T., Sparle, K. C., Frostholm, L., & Olesen, F. (2004). A new empirically established hypochondriasis diagnosis. American Journal of Psychiatry, 161, 1680–1691.
Olde Hartman, T. C., Borghuis, M. S., Lucassena, P. L. B. J., van de Laara, F. A., Speckens, A. E., & van Weela, C. (2009). Medically unexplained symptoms, somatisation disorder and hypochondriasis: Course and prognosis. A systematic review. Journal of Psychosomatic Research, 66, 363–377.
Papageorgiou, C., & Wells, A. (1998). Effects of attention training on hypochondriasis: A brief case series. Psychological Medicine, 28, 193–200
Taylor, S., Asmundson, G. J., & Coons, M. J. (2005). Current directions in the treatment of hypochondriasis. Journal of Cognitive Psychotherapy, 19(3), 285-304.
Risorse su State of Mind:
http://www.stateofmind.it
http://www.stateofmind.it
http://www.stateofmind.it/2011/09/quando-le-preoccupazioni-fanno-ammalare-il-corpo-saggio
Dott. Massimo Amabili
Psicologo e Psicoterapeuta Ascoli Piceno e Teramo