Paura di volare e realtà virtuale!

L’aerofobia, o paura di volare (fear of flying), è molto diffusa sia tra chi è costretto a viaggiare spesso in aereo, sia tra chi non ha mai volato e può manifestarsi con diversi livelli di intensità, dal lieve disagio sperimentato prima o durante il volo all’ansia acuta che impedisce di affrontarlo o lo rende un’esperienza terribile per l’individuo. Ne soffre il 53,8% degli italiani, che di solito non lo esterna aggrappandosi al sedile, ma fa finta di leggere o di dormire, e a volte piange in silenzio. «Non aver paura, è il mezzo più sicuro che c’è», ci dicono: ma è come dire di smettere di fumare «che ti fa venire il cancro».
Si tratta di una Fobia Specifica, ossia una paura intensa, non realistica e sproporzionata rispetto ad una valutazione oggettiva del pericolo insito in un determinato oggetto, luogo o situazione. Può determinare un disagio molto profondo, sia per l’intensità dell’ansia che può arrivare sino al panico (considerabile un’ansia molto acuta); si presenta generalmente con i seguenti sintomi: senso di oppressione, vertigini, disturbi alla vista, tremori, paura di morire o d’impazzire, tachicardia, difficoltà a respirare, e altri legati alla sfera neurovegetativa. Gli stimoli fobici possono essere diversi e numerosi: elementi naturali come l’altitudine o le tempeste, la vista del sangue o degli aghi, procedure mediche, rumori, persone in maschera. Il fatto che anche stimoli molto diversi fra loro possano scatenare una reazione fobica non è infrequente tra i pazienti predisposti: per gli psicologi cognitivisti, in tali persone si riscontra più di frequente una storia infantile in cui veniva inibita dai genitori l’esplorazione autonoma del mondo, vissuto come minaccioso per l’integrità fisica del bambino, percepito come debole e bisognoso di protezione. In questi casi la necessità di conoscere il mondo entra in conflitto con il bisogno di protezione. I genitori sono solitamente ansiosi, controllanti e iperprotettivi; talvolta piangono o minacciano di abbandonare il bambino in risposta alle sue iniziative autonome; tendono a manifestare preoccupazione più che amore, e sono focalizzati sulle cure fisiche e sul timore di malattie mortali, cosa che accresce l’attenzione dei pazienti fobici alle loro sensazioni corporee. Il disagio conseguente alle fobie non si esaurisce nelle limitazioni coscienti che esse impongono ai pazienti: molte decisioni importanti possono essere influenzate da queste paure inconsce. I disturbi fobici sono spesso accompagnati da altri problemi psicologici o psichiatrici, che possono scaturire dalla stessa situazione di vulnerabilità all’origine della fobia o esserne una conseguenza: ansia, depressione, abuso di sostanze, somatizzazioni e disturbi di personalità. Chi soffre di fobia del volo tende a sopravvalutare il rischio di incidenti mortali (che è meno di uno ogni due milioni di voli), e la percentuale di vittime in caso di incidente (che è mediamente del 50 per cento dei passeggeri). Secondo i risultati di un’indagine condotta da Ekeberg su 600 passeggeri di 15 voli diversi, le situazioni che tendono a destare più preoccupazione sono le turbolenze, seguite da atti di terrorismo, dirottamenti, collisioni e problemi al motore. Le donne tendono più degli uomini a essere spaventate dai rumori non identificati. Il momento più temuto è il decollo, soprattutto per le persone con elevati livelli di ansia di base, che mantengono una reattività fisiologica aumentata anche se hanno superato la paura da un punto di vista psicologico: nonostante l’efficacia dei trattamenti cognitivocomportamentali la frequenza cardiaca dei soggetti ansiosi nella fase di decollo tende a essere più elevata all’incirca del 35 per cento rispetto ai soggetti di controllo, e le persone la cui frequenza cardiaca tende a normalizzarsi più facilmente durante le sessioni di realtà virtuale sono quelle che superano prima la fobia del volo, richiedendo un minor numero di sedute. Questo confermerebbe la presenza di una predisposizione psicofisiologica alla paura di volare, che spesso non trae origine da esperienze spiacevoli in aereo (non tutti coloro che si sono trovati a fronteggiare inconvenienti in volo vanno incontro alla fobia), ma da ansie preesistenti, che scaturiscono più dalla storia psicologica individuale che da eventi vissuti.

Come si può affrontare?

Esistono numerosi trattamenti possibili per risolvere con efficacia tale fobia, a cominciare dalla terapia cognitivo-comportamentale: gli stati emotivi sperimentati da chi ha paura di volare possono essere attribuiti a dei pensieri assolutamente irrazionali sulle dinamiche del volo o su alcune situazioni vissute come particolarmente pericolose. Esporre gradualmente la persona fobica allo stimolo scatenante è una classica tecnica terapeutica comportamentale, che aiuta il paziente a «familiarizzare » progressivamente con l’oggetto della sua fobia in una situazione immaginaria, aumentando la sua sicurezza e la sua capacità di correre un rischio controllato.
Sulla scia di tale approccio classico ed efficace, vi è recentemente anche l’utilizzo della realtà virtuale, che aiuta i pazienti a cimentarsi con la situazione temuta senza correre alcun rischio reale. Le simulazioni al computer offrono il vantaggio di poter essere gestite facilmente all’interno dello studio del terapeuta e possono avere un effetto molto rassicurante per i pazienti. Una revisione quarantennale degli studi clinici sull’uso della realtà virtuale nella fobia del volo, realizzata dagli psichiatri del Laboratorio per il panico dell’Università federale di Rio de Janeiro, ha confermato l’elevata efficacia di questo metodo, ancora più incisivo quando associato alla psicoterapia cognitivocomportamentale, a tecniche di rilassamento e a una corretta informazione sul volo.
Secondo la psicologa americana Brenda Wiederhold, direttrice del Virtual Reality Medical Center – un’associazione medica che opera in California, con ambulatori a San Diego e Los Angeles, e che ha una sede anche a Milano – la realtà virtuale, in associazione alla terapia cognitivo comportamentale, non solo nella fobia dell’aereo, ma anche in altre situazioni cliniche: paura della guida in sopravvissuti a incidenti stradali gravi, fobia sociale, fobia dell’altezza, claustrofobia, fobia dei ragni, ipocondria, attacchi di panico con agorafobia. La realtà virtuale sembrerebbe accorciare e facilitare il percorso della terapia cognitivo-comportamentale perché non rendebbe necessaria un’esposizione reale allo stimolo fobico e supplirebbe anche all’eventuale mancanza d’immaginazione di quei pazienti che non riescono a «vedersi » con la fantasia nella situazione temuta.

Tratto da: lescienze.it: leggi l’approfondimento

Dott. Massimo Amabili
Psicologo e Psicoterapeuta Ascoli Piceno e Teramo

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