L’ E.M.D.R. (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una tecnica psicoterapeutica ideata da Francine Shapiro nel 1989. Grazie ai movimenti oculari si riducono gli effetti dei sintomi (desensibilizzazione) e si riattiva il fisiologico processo di elaborazione delle informazioni (riprocessamento). Attualmente impiegata per la cura di numerosi disturbi, questo metodo è utile per il trattamento di disturbi causati da eventi stressanti o traumatici come per esempio il disturbo da stress post-traumatico, sfruttando i movimenti oculari alternati, o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio, permettendo così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali.
L’efficacia del trattamento EMDR nella cura di diversi disturbi psicologici è evidence-based, scientificamente documentata da numerosi studi scientifici in continuo aumento, che ne descrivono anche i correlati neurobiologici e neurochimici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’agosto del 2013 ha riconosciuto l’EMDR come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati. L’EMDR è un trattamento riconosciuto ufficialmente da diversi organismi internazionali quali l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, il Dipartimento della Difesa degli USA, l’Israeli National Council for Mental Health che, nelle loro linee guida per la pratica clinica, lo indicano come terapia d’elezione per la cura del disturbo post-traumatico da stressA livello europeo l’EMDR è riconosciuto come psicoterapia efficace dal Clinical Resource Efficiency Support Team (CREST) dell’Irlanda del Nord, dal Dutch National Steering Committee Mental Health Care, dal French National Institute of Health and Medical Research (INSERM), dal Medical Program Committee /Stockholm City Council, dal United Kingdom Department of Health) per il trattamento di numerose psicopatologie associate al trauma tra cui i disturbi d’ansia, la depressione e gli attacchi di panico (cit. in Fernandez I., et al., 2011). Anche in Italia sono numerose le Università, il CNR e gli ospedali che hanno avviato numerosi progetti di ricerca di notevole rilevanza scientifica.
L’applicazione della tecnica EMDR è svolta sempre all’interno di un processo psicoterapeutico che ha come base teorica il modello AIP (Shapiro F., 1995), Adaptive Information Processing, inteso come il modello dell’elaborazione adattiva dell’informazione. Tutti gli esseri umani possiedono un sistema fisiologico di elaborazione dell’informazione diretto a fornire risoluzioni positive (adattive) di ciò che accade in ogni attimo. In condizioni normali, tale sistema di elaborazione organizza le informazioni creando collegamenti adeguati con esperienze passate, risolvendo i problemi, diminuendo lo stress emotivo, utilizzando costruttivamente l’esperienza e contribuendo a generare nuovi apprendimenti (Shapiro F., 2000). Ad esempio, un bimbo che può farsi male cadendo dalla bicicletta: andrà dalla mamma piangendo e si rassicurerà grazie al conforto e alle cure appropriate. La paura di tornare sulla bici passerà ed il bimbo imparerà da questa esperienza ad andare sulla bicicletta in modo sicuro.
Il nostro cervello è dunque ininterrottamente stimolato da informazioni che vengono conservate in maniera più o meno conscia, in diversi modi, ma sempre in senso adattivo, cioè utile per la persona. L’informazione viene quindi integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo, utile alla persona (Shapiro F., 1995). Le informazioni si associano a pensieri, emozioni, sensazioni e vanno a formare un sistema accessibile e congruo per la comprensione di ciò che accade, una conferma di ciò in cui crediamo, un apprendimento per il futuro, un’idea di sé e del mondo. Insomma, vanno a costruire la mente stessa e la nostra identità; e forniscono alle persone gli strumenti per comprendere il mondo e le regole per agire.
Per trauma si intende un evento prorompente, che travolge la capacità della mente di integrare ed elaborare i dati ad esso connessi. Riprendiamo l’esempio del bimbo che cade dalla bici: può succedere che non trovando una soluzione adattiva, inizi a sperimentare ansia rispetto all’uso del biciclo e che il suo disagio resti stabile. Il suo sistema di elaborazione ha immagazzinato l’esperienza ma non l’ha elaborata: rimane la paura di andare in bicicletta, disconnessa dal piacere di pedalare veloce in libertà. “L’evento rimarrà “congelato” nel tempo, associato alla paura e al dolore”. (Shapiro F., 2011)
Il trauma quindi è un’informazione che la mente non riesce ad elaborare, a rendere coerente con l’esperienza già immagazzinata; la conseguenza di tale evento è il blocco del naturale processo di elaborazione dell’informazione sopra descritto perché è per sua natura inconcepibile, intollerabile. Per trauma intendiamo sia “l’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi, o altre minacce all’integrità fisica” (APA, 1994) e psichica dell’individuo sia l’assistere a eventi traumatici accaduti ad altri o essere esposti al rischio che tali eventi accadano ad un familiare o altra persona significativa. (APA, 1994). Spesso accade anche che il trauma psicologico si verifichi anche in assenza di eventi dannosi ma che sia determinato dalla rottura di relazioni essenziali per la vita psichica delle persone (Liotti G., Farina B., 2011). La trascuratezza emotiva è uno dei traumi più frequenti e sottovalutati (in quanto trauma): come emerge da numerose ricerche, la grave trascuratezza emotiva del bambino da parte del genitore o l’abbandono traumatico sono esperienze nocive per la psiche tanto quanto il maltrattamento fisico o l’abuso. Se è facile comprendere come alcuni eventi possano essere traumatici per la maggior parte della popolazione (disastri naturali, incidenti gravi, morti, malattie, gravi danneggiamenti dell’integrità fisica o psichica) non è così automatico capire perché alcuni eventi siano traumatici solo per alcuni soggetti. Allo stesso modo ci si chiede come mai alcuni eventi in apparenza non traumatici possano essere veramente “insopportabili” per alcune persone. Questo è dovuto al fatto che la capacità di elaborazione del trauma è altamente individuale e dipende dalla compresenza al momento del trauma di diversi elementi di rischio e di protezione. L’età in cui avviene il trauma, la predisposizione genetica soggettiva, lo stile di attaccamento e lo stile cognitivo della persona, la presenza o assenza di fattori di protezione, come per esempio la rete sociale, la qualità delle relazioni interpersonali, la presenza di un supporto emotivo sicuro, la cura psicoterapeutica, sono i fattori che contribuiscono a bloccare (o al contrario facilitare) il processo di elaborazione. Inoltre, il complesso sistema della rappresentazione interna di sé e del mondo, proprio e specifico di ogni persona, contribuisce alla capacità del soggetto di far fronte all’impatto dell’evento traumatico.
L’EMDR nasce come approccio integrativo rispetto a contributi provenienti da diverse scuole e metodologie terapeutiche, mirato al trattamento di tutti i livelli del funzionamento umano: cognitivo, emotivo, comportamentale e somatico. Per comprendere al meglio il suo funzionamento e la sua efficacia è necessario considerare due principi fondamentali sui quali poggiano sia la teoria del processamento delle informazioni, sia la psicotraumatologia. Il primo presupposto è che la patologia attuale, ovvero il malessere che il paziente vuole risolvere richiedendo una psicoterapia, è connessa con i traumi subiti e con l’idea di sé che la persona ha costruito nel corso delle sue interazioni sociali. L’evento traumatico può concorrere a formare un’idea di sé negativa oppure confermare una paura già presente. Il secondo presupposto teorico è che la mente di ogni essere umano possiede la capacità di elaborare le informazioni e quindi tutti abbiamo una struttura di “auto-cura”, di riparazione dei danni inflitti dalle esperienza traumatiche. L’EMDR dunque funziona perché permette alla mente di sbloccarsi, riattivando il suo naturale processo di elaborazione. La stimolazione bilaterale degli emisferi cerebrali attraverso i movimenti oculari permette di operare una riconnessione, che ha riscontri a livello neurobiologico (Solomon R., Shapiro F., 2008; Siegel D.J., Hartzell M., 2005), tra il ricordo dell’evento traumatico ed il resto dell’esperienza individuale.
L’EMDR permette al cervello di rielaborare in senso positivo il pensiero relativo al ricordo (composto di immagini, sensazioni, emozioni e pensieri), aiutando a modificare l’idea di sé e del proprio valore; contemporaneamente si riducono le sensazioni corporee spiacevoli o dolorose e si affievoliscono le emozioni negative, fino alla scomparsa totale dei sintomi. Attraverso il coinvolgimento di tre livelli, corporeo, emotivo e cognitivo, si ottiene l’integrazione delle informazioni fino a formare una nuova memoria: il fatto accaduto diventa un ricordo accessibile e gestibile, ripulito dalle connotazioni sintomatiche e disturbanti che lo caratterizzavano: “dopo l’EMDR il paziente ricorda ancora l’evento ma sente che tutto ciò veramente fa parte del passato e il contenuto è totalmente integrato in una prospettiva più adulta” (Fernandez I., Maslovaric G., Veniero Galvagni M., 2011).
BIBLIOGRAFIA:
- APA (American Psychiatric Association), 1994, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV). it. Masson, Milano.
- Fairbank J.A., Fairbank D.W., 2009, Epidemiology of child traumatic stress. Current Psychiatry Reports, 11, 4, pp. 289-295.
- Fernandez I., Maslovaric G., Veniero Galvagni M. (2011), Traumi psicologici, ferite dell’anima. Liguori Editore, Napoli
- Liotti G., Farina B. (2011), Sviluppi traumatici. Raffaello Cortina Editore. Milano
- Shapiro F., 1995, Eye movement desensitization and reprocessing: basic principles, protocols and procedures. Guilford Press, NY. Trad. It. (a cura di I. Fernandez) EMDR. Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Mc Graw Hill, Italia, Milano (2000)
- Shapiro F., 2000, Trad. It. (a cura di I. Fernandez) EMDR. Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Mc Graw Hill, Italia, Milano
- Shapiro F., Kaslow F.W., Maxfield L. (2011), Manuale di EMDR e terapia familiare. FS Edizioni Milano
Solomon R., Shapiro F. (2008), EMDR and the Adaptive Information Processing Model, Journal of EMDR - Practice and Research, vol. 2, n. 4, pp. 315-322.
Dott. Massimo Amabili
Psicologo e Psicoterapeuta Ascoli Piceno e Teramo