Gli Atleti e i Disturbi del Sonno

Il sonno è un fenomeno fisiologico caratteristico di tutte le specie animali e consistente in una interruzione spontanea di tutte le attività nervose e psichiche connesse con la vita di relazione. Dal punto di vista fisiologico, durante il sonno variano numerosi parametri: diminuiscono il tono muscolare, la pressione arteriosa, la frequenza del battito cardiaco, la diuresi; il metabolismo energetico raggiunge valori inferiori a quelli propri dello stato di veglia mentre aumenta la frequenza degli atti respiratori. Non solo: il sonno è un processo attivo gestito da ben note aree del cervello. Esiste una specie di “centrale di comando” nervosa, composta da qualche decina di migliaia di cellule che hanno il compito di regolare il nostro ritmo veglia-sonno. Questo sistema entra in funzione in maniera silente, senza la nostra consapevolezza, ogni sera in pochi minuti; la facilità o difficoltà ad addormentarsi dipendono da diversi fattori, primo fra tutti il debito di sonno che si è accumulato. Subentrano poi le perturbazioni provenienti dall’esterno e dall’interno, disturbi patologici o emozionali quali l’ansia e lo stress, ossia stimoli che riescono a infiltrarsi impedendo l’instaurarsi di tale equilibrio.
Secondo il San Raffaele di Milano, soffre di insonnia persistente circa il 10% della popolazione mondiale; un altro 10% è rappresentato non da veri insonni, ma da coloro che dormono poco e male. Stress, ansia e depressione sono alla base di circa il 50% di tutti questi disturbi.

Negli atleti, l’insonnia può avere numerose cause:
• Ansia pre-gara;
• Sindrome della paura di vincere;
• Sindromi psicosomatiche;
• Sindrome del burn-out;
• Problemi familiari e affettivi;
• Depressione;
• Patologie cliniche o neurologiche;
• Dolore traumatico acuto o cronico;
• Aumento fisiologico di sostanze adrenergiche dopo uno sforzo intenso;
• Condizioni ambientali e climatiche diverse da quelle abituali;
• Sindrome da fuso orario

Negli atleti la causa più comune è la tensione emotiva, ma devono essere presi in considerazione anche altri disturbi fisici o psicologici. L’insonnia può essere determinata da stati di ansia e stress che tendono ad alterare il ciclo sonno-veglia, da fattori biologici e neurologici e dallo stile di vita (persone che lavorano di notte e dormono di giorno). In ogni caso è un problema da combattere in quanto l’alterazione o, peggio ancora, l’assenza di sonno nuoce gravemente alla salute, perché produce obesità, depressione e alterazioni del sistema immunitario. I rimedi sono molteplici: da quelli naturali, che hanno buona efficacia nelle insonnie lievi, a quelli farmacologici e psicologici. Qualsiasi sintomo fisico ha infatti una profonda ricaduta anche sul nostro equilibrio psicologico così come qualsiasi sintomo psicologico ha una ricaduta sul nostro funzionamento organico. Ecco perché l’insonnia incide molto sul nostro umore: se non dormiamo siamo più irritabili, nervosi, reattivi, abbiamo minore capacità ci concentrazione e di attenzione e siamo tendenzialmente disforici e depressi.
Fondamentale è anche ricordare i principi di igiene del sonno: evitare dopo le cinque del pomeriggio caffè e tè, preferire una cena leggera, coricarsi sempre alla stessa ora, evitare computer e fonti luminose dopo le dieci di sera. Un’alternativa al farmaco è la terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive-behavioral therapy, CBT) che insegna a evitare gli atteggiamenti sbagliati. Capita spesso, infatti, che le persone insonni abbiano percezioni e pensieri distorti sul non dormire abbastanza e sugli effetti collaterali che ne derivano. A questo pensiero negativo, si aggiungono poi tutta una serie di altri atteggiamenti che non fanno che peggiorare la situazione. È il caso di chi, ad esempio, trascorre a letto più tempo del necessario oppure dorme in orari inappropriati, con conseguente alterazione degli orologi biologici circadiani. Ottimi risultati per gli atleti provengono anche dall’utilizzo di tecniche di rilassamento di vario tipo, che consentono di ridurre la risposta psicofisiologica d’ansia, controbilanciando lo stress e favorendo l’autocontrollo emotivo e somatico. La maggior parte di queste tecniche, applicate da professionisti esperti e qualificati (medico o psicologo), permette di ridurre l’attivazione del sistema nervoso simpatico, favorendo una diminuzione della tensione muscolare, della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, una riduzione della frequenza e un aumento dell’ampiezza dei ritmi elettroencefalografici, una riduzione del consumo di ossigeno (Crebelli, 1984, Biondi, 1988), spostando l’equilibrio neurovegetativo verso un’attivazione parasimpatica.

BIBLIOGRAFIA
Tecniche di mental training nello sport, M.P. Brugnoli, Red Edizioni, 2005.

Dott. Massimo Amabili
Psicologo e Psicoterapeuta Ascoli Piceno e Teramo

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