La settimana scorsa, un articolo pubblicato sulla rivista on-line “Che futuro” (dedicata a giovani imprenditori e startupper), a firma del Dottor Maurizio Napolitano (allenatore professionista nella serie A austriaca e ricercatore informatico), ha colpito la mia attenzione trattando del nesso tra lo sport e il mondo del lavoro dall’ottica di un esperto allenatore e uomo di successo nel campo lavorativo. Spesso infatti sentiamo parlare dei benefici che lo sport può portare anche nel lavoro e nel quotidiano. Ma cosa s’intende esattamente?
Prendiamo ad esempio uno sport di gruppo molto comune, la pallavolo. Questo sport (quando praticato all’interno di un buon contesto e guidato da educatori qualificati) può insegnare lo spirito di sacrificio, il sapere apprendere dalle sconfitte, il confrontarsi con i propri limiti e il saper collaborare con le persone. Come sottolineato dal Professor Napolitano, sono caratteristiche che lo stesso allenatore della nazionale italiana maschile, Mauro Berruto, riporta in un post intitolato “Cari genitori”, dove sottolinea tre caratteristiche specifiche di questo sport (evidenziandone gli aspetti cooperativi): l’obbligo del passaggio, lo stretto rapporto fra dimensioni del campo e numero di giocatori presenti e la velocità del cambio del punteggio; esse insegnano a loro (atleti e staff) come imparare a collaborare, che bisogna convivere in poco spazio e che sarà messa continuamente a dura prova la propria autostima (un’ azione dura circa 6/7 secondi e subito viene valutata dal punteggio, senza dimenticare che concluso un set ne comincia un altro).
Ogni sport ha le sue caratteristiche e aiuta nella formazione delle persone; infatti, gli adolescenti con la passione per la pallavolo possono essere spinti a cercare di migliorarsi il più possibile, all’interno di un gruppo che coopera per un fine (il gioco), assumendo una vera identità gruppale. All’interno di questo gruppo sportivo, emergono le qualità di ogni singolo componente, ma anche i loro difetti o la loro tendenza alla leadership (più o meno marcata). Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, i ragazzi apprendono nel tempo che ci sono molti modi per essere leader, ma che prima di esserlo è importante imparare ad essere nel “qui ed ora”, nell’hic et nunc di ogni allenamento o gara. In parole più semplici, essere davvero concentrati e focalizzati su quello che ci accade intorno, perché molto spesso la nostra mente ci allontana da dove siamo e ci porta lontano (come ben sanno gli atleti molto ansiosi…). Vivere qui e ora è anche la chiave per accettare qualsiasi forma di cambiamento, come una novità sul lavoro, un evento traumatico, le sconfitte, e tutto ciò da cui poi bisognerà muoversi velocemente e senza timore. È la base di partenza per cominciare ad operare un cambiamento, in grado di migliorare e amplificare le proprie potenzialità.
Nel Volley inoltre, uno degli argomenti più conosciuti legati al successo di Julio Velasco, allenatore della nazionale italiana di pallavolo della “generazione di fenomeni ” che negli anni 90 vinse praticamente tutto, è il suo perenne combattere con la teoria degli alibi: famosissimo è il suo intervento ribattezzato dalla Rete “la parabola dell’alzata” dove dice che «gli schiacciatori non parlano dell’alzata, la risolvono». Un messaggio molto chiaro e pragmatico: bisogna affrontare i problemi per quello che sono senza ma e senza se, non trovare alibi scaricando la colpa verso terzi o elementi esterni al contesto e alla propria responsabilità. In questo modo è possibile creare una mentalità diversa, vincente che impara dai fallimenti. Allora perdere assume un nuovo significato, divenendo così un’occasione per apprendere e costruire così il proprio cammino.
All’interno di un solido gruppo sportivo, avviene solitamente anche un processo di acquisizione di autonomia, spesso attraverso un buon educatore che aiuta i propri atleti a rendersi indipendenti ed in grado di compiere delle scelte solo attraverso il loro buonsenso maturato di pari passi all’esperienza sportiva: è una responsabilità che richiede molta pazienza e conoscenza di se stessi, per entrare in empatia con gli altri individuando e amplificando le caratteristiche positive di chi si ha di fronte. Tornando alla pallavolo, attraverso questo sport i ragazzi apprendono anche la vera natura della sconfitta e del fallimento: saper perdere aiuta a diventare più forti e consapevoli di prima. Apprendono a cadere e rialzarsi e ad apprezzare le persone che hanno fatta propria questa lezione, facendo materializzare la propria passione anche sul lavoro. Iniziano a conoscersi, accettando di sé i propri pregi e i propri difetti, consapevoli però che ciascuno di noi è una persona unica. Forse è proprio questo il tesoro che è possibile ereditare dalla pallavolo e dallo sport, trasponendolo facilmente nel lavoro o nella vita di tutti i giorni: cominciare a prendere consapevolezza di se stessi, accettare il positivo e il negativo e da qui, poi, migliorarsi. Crescendo attraverso lo sport, gli atleti apprendono ad essere leader di sè stessi, ad accettare i cambiamenti e a collaborare con nuove persone.
Per maggiori approfondimenti, dall’ottica di un esperto allenatore professionista e ricercatore informatico:
http://www.chefuturo.it/2015/03/5-consigli-per-avere-successo-a-lavoro-partendo-dalla-pallavolo/
Dott. Massimo Amabili
Psicologo e Psicoterapeuta Ascoli Piceno e Teramo