La rabbia, la musica e le altre sue espressioni

La rabbia è una delle 16 emozioni avvertite più frequentemente, probabilmente un’emozione pericolosa ma, a differenza di ciò che crede la maggior parte delle persone che la giudica negativamente, è un’emozione che ha una grande importanza e utilità nella vita dell’uomo. Quando ci arrabbiamo corriamo più facilmente il rischio di fare volontariamente del male a qualcuno. Se sappiamo che una persona è arrabbiata, e ne conosciamo il perché, allora la sua aggressione ci risulta comprensibile anche se condannabile. È chi aggredisce senza essere provocato che consideriamo folle. La possibilità di perdere il controllo è parte integrante dell’esperienza soggettiva della rabbia. Quando una persona, a seguito di atto violento, dichiara di essersi arrabbiato, ci sembra che ciò spieghi perché ha fatto qualcosa di cui ora si pente.
La rabbia è anche una delle emozioni dominanti nella musica, soprattutto in quella rock, in quella metal o grunge, ma anche in quella pop. Da sempre. Passando dai Led Zeppelin ai Nirvana, dai Foo Fighters ai Limp Bizkit, dai Motorheads ai Blur, e poi ancora Franz Ferdinand, Green Day, Korn, Marylin Manson, Rob Zombie, Pearl Jam, Muse, Rage Against the Machine, Metallica, Evanescence, Puddle of Mudd, Tears for fears e tanti altri ancora. Sono innumerevoli i brani rabbiosi, arrabbiati o solo urlati. Spesso però la rabbia è esibita nelle chitarre elettriche, e alcune canzoni con contenuti politici sono troppo mediate dalla necessità di mandare un messaggio chiaro per riuscire ad esprimere un’emozione viscerale ed estemporanea come questa. Talmente viscerale che si caratterizza (e la si riconosce bene) dai cambiamenti fisiologici e biologici comuni a tutti gli esseri umani. Quando ci si arrabbia la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna tendono a salire, così come i livelli degli ormoni dell’energia (l’adrenalina e la noradrenalina). A livello corporeo, la rabbia altera gli equilibri fondamentali dell’organismo, che si possono notare anche attraverso il linguaggio del corpo. Come rilevano Matsumoto et al. (1994) per l’espressione non verbale della rabbia si usa l’intero corpo: cambia la mimica facciale (occhi molto aperti e sopracciglia aggrottate), si innalza il tono della voce, cambiano i gesti e la postura (molto rigida).
Perfettamente dipinta nel recente video musicale (2011) del brano dal titolo “Somebody that I used to know” di Gotye: il cantante, completamente nudo, viene ricoperto di tanti scacchi colorati, realizzati da una mano invisibile, a simboleggiare l’aumentare progressivo e pervasivo della sua rabbia nei confronti della partner, in un crescendo di attivazione fisiologica, come se ogni colore fosse un passo di adrenalina nel suo corpo. Poi, nel momento in cui Kimbra è chiamata a cantare, anche lei assume le tonalità del suo partner, diventando un tutt’uno con lo sfondo. Ciò avviene nel momento in cui esprime la sua rabbia rivolgendosi all’impassibile compagno che, nonostante sembra provare dolore, tende a non manifestare questo sentimento e, come si dice, a “tirare dritto a testa alta”, con uno sguardo sicuro e determinato.

Ai bambini si insegna a non aggredire gli adulti quando si arrabbiano e talvolta si insegna loro ingiustamente addirittura a reprimere qualunque segno visibile di rabbia.
Gli adulti ai distinguono per i modi diversi in cui fanno fronte ai propri sentimenti di rabbia: parliamo di persone che “covano sotto la cenere” , “irritabili”, “esplosive”, “fredde”, “teste calde”.
Molteplici sono i modi in cui può essere suscitata la rabbia. Uno è la frustrazione causata da interferenze che ci bloccano in attività o ci impediscono di realizzare i nostri scopi. La rabbia si risveglia più facilmente ed è più intensa quando si pensa che il responsabile della frustrazione abbia agito in maniera arbitraria, ingiusta o malevola. Qui la rabbia possiamo manifestarla indirettamente, maledicendo il colpevole quando non è presente o simbolicamente, attaccando qualcosa che lo rappresenta, o spostando l’aggressività su un bersaglio più comodo e meno pericoloso.
Un’altra causa importante di rabbia è una minaccia fisica: se la persona che ci minaccia è incapace di farci del male più che rabbia si prova disprezzo se, al contrario, abbiamo a che fare con una persona più potente di noi allora più che rabbia sarà paura. In questo caso il corso d’azione può essere la lotta, la diffida o la fuga.
Una terza fonte importante di rabbia è un’azione o una frase da parte di una persona significativa che ci ferisce psicologicamente: un insulto, un rifiuto, un atto di non curanza verso di noi.
Un altro ti tipo di rabbia è quello causato dal vedere qualcuno o qualcosa che offende i principi morali che abbiamo più cari. Altri due eventi che possono provocare rabbia sono affini a quelli elencati sopra ma meno importanti: qualcuno che non risulta essere all’altezza delle nostre aspettative (un esempio sono i genitori verso i propri figli) e la rabbia di un altro verso di noi che sarà particolarmente pronunciata se la rabbia dell’altro appare ingiusta. Queste sono solo alcune delle innumerevoli possibili cause della rabbia, infatti, a seconda della storia personale, qualunque cosa è suscettibile di rabbia. L’intensità della rabbia varia, da una lieve irritazione al furore. Può aumentare per gradi oppure esplodere di colpo. Gli individui differiscono fra loro non solo per le cose che più facilmente li fanno arrabbiare, o in quello che fanno quando si arrabbiano, m anche nel tempo che ci mettono ad arrabbiarsi. Alcuni hanno la “miccia corta” ed esplodono subito alla minima provocazione, senza passare quasi mai per gli stadi intermedi. Altri invece di rado avvertono più di un lieve fastidio: qualunque sia la provocazione non si arrabbiano mai davvero. Ci sono differenze anche nella durata della rabbia una volta che la provocazione è cessata: c’è chi si calma subito e chi continua a provare strascichi di collera.
C’è anche chi trae piacere dall’esperienza della rabbia, si diverte nei litigi, nei battibecchi, da cui ne escono gratificati ma c’è anche chi quando si arrabbia si sconvolge a tal punto da non concedersi di provare questa emozione. Si può avere paura della propria rabbia e provare tristezza, vergogna o disgusto di se stessi se capita di arrabbiarsi o di darlo a vedere. Al di là di quando e come la proviamo, la rabbia è pur sempre un’emozione e come tale ci informa su quanto accade in noi e intorno a noi e per questo motivo va riconosciuta, ascoltata ed espressa. Sono i comportamenti associati a quest’emozione che a volte sono da modificare. Per fare ciò ci sono diversi programmi di intervento e trattamento per la modulazione della rabbia, che hanno attenuto risultati efficaci nel ridurre in maniera significativa le condotte aggressive utilizzando attività mirate a promuovere la capacità di autoregolazione e monitoraggio delle proprie emozioni e del proprio comportamento.
Come dice Omero: “Facili all’ira sopra la terra siamo noi di stirpe umana” ma ciò non vuol dire che non si possa vivere felici e arrabbiati!

Dott. Massimo Amabili (amabilimassimo@gmail.com),
Dott.ssa Fratini Cristina (fratini.cristina@libero.it)

Dott. Massimo Amabili
Psicologo e Psicoterapeuta Ascoli Piceno e Teramo

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