Neurobiologia della motivazione al cambiamento e terapia EMDR

Viviamo in tempi stressanti. Studi epidemiologici documentano un aumento della prevalenza di disturbi legati allo stress, come depressione maggiore, disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e disturbi d’ansia, nonché dipendenze e altre condizioni che sono spesso innescate dallo stress. Fortunatamente, le neuroscienze stanno escogitando nuove strategie per decifrare il modo in cui il cervello affronta lo stress, con l’obiettivo finale di combattere le malattie legate a esso.

Tra le diverse tecniche, negli ultimi anni, è emerso un trattamento psicologico chiamato desensibilizzazione e rielaborazione attraverso il movimento oculare (EMDR). Attraverso questo metodo di trattamento il paziente ricorda un trauma mentre gli vengono mostrati stimoli visivi progettati per stimolare movimenti oculari ripetitivi (un processo noto come stimolazione bilaterale alternata o ABS). Diverse importanti organizzazioni di salute mentale sostengono l’EMDR come opzione di trattamento per il disturbo da stress post-traumatico. Tuttavia, il processo psicologico con cui funziona l’EMDR rimane enigmatico e i meccanismi neurobiologici sottostanti sono in gran parte sconosciuti.

Per questi motivi, recentemente diversi studi si sono concentrati sullo studio dei meccanismi alla base del trattamento, ottenendo grandi risultati: il neuroscienziato Andrew Huberman, specializzato nella ricerca sulla vista e sullo stress, spiega che l’affrontare situazioni stressanti spinge il cervello a rispondere a questo “fronteggiamento” sopprimendo l’attività nell’amigdala (il centro di paura o allarme del nostro cervello) e segnalando alle aree di ricompensa del nostro cervello di rilasciare dopamina (un neurotrasmettitore che gioca un ruolo importante nel modo in cui sperimentiamo il piacere). Quindi, il nostro cervello ci “ricompensa” quando affrontiamo lo stress in modi adattivi. Questa scoperta è importante quando si considera in che modo influiscono la motivazione e la speranza di un risultato migliore in qualsiasi terapia.

Il dottor Huberman cita anche la ricerca sul ruolo dei movimenti oculari nella terapia EMDR (i movimenti oculari sono una forma di doppio stimolo dell’attenzione utilizzata nella terapia EMDR): egli indica diversi studi di ricerca che dimostrano che i movimenti degli occhi laterali “calmano l’amigdala”. Nella terapia del trauma, ciò è fondamentale, specialmente quando si affronta un ricordo travolgente. Andare avanti o creare l’idea che stiamo andando avanti con i movimenti oculari laterali nella terapia EMDR, può creare distanza dalle emozioni negative di un’esperienza traumatica e ricompensare qualcuno che si trova in difficoltà. Queste idee sono affascinanti in quanto ci permettono di comprendere ciò che il cervello e il corpo hanno da dirci sul viaggio di guarigione dal trauma.

Si è discusso molto sul fatto che l’attuale rivoluzione guidata nelle neuroscienze possa aiutare a inaugurare una nuova era nel trattamento delle malattie psichiatriche. La realizzazione di questa promessa è una sfida enorme, anche perché rimane difficile modellare i disturbi psichiatrici e le psicoterapie utilizzate per curarli in laboratorio. Le caratteristiche chiave della malattia correlata al trauma, come la paura appresa e l’estinzione della paura, possono essere trovate anche in organismi semplici, il che rende possibile mappare in dettaglio le loro basi neurali. Pertanto, i disturbi legati al trauma potrebbero rappresentare una grande opportunità per la ricerca terapeutica.

BIBLIOGRAFIA

De Voogd, L.D., Kanen, J.W., Neville, D.A., Roelofs, K., Fernandez, G., & Hermans, E. J. (2018). Eye-movement intervention enhances extinction via amygdala deactivation. Journal of Neuroscience, 38, 8694-8706.
Dott. Rosario Privitera
Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale specialista in tematiche LGBT+
rosarioprivitera.it

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